Tra vent' anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti. Esplorate. Sognate. Scoprite.
Mark Twain


24 febbraio 2012

Tutte cazzate

Spesso, a scuola, mi trovo a dover spiegare le differenze tra il portoghese e l' italiano nell' uso del verbo essere.
Ed ecco che esce il mio lato prof... in italiano come in inglese, uso il verbo essere anche per situazioni momentanee, per esprimere una condizione non definitiva, come per esempio quando dico "sono malato", si vuol intendere un periodo circoscritto (almeno, si spera).
Con il portoghese, invece, funziona diversamente ovvero si dice "sto felice", e non "sono felice" per dire lo stato d' animo dei quel momento... penso che questo modo sia più adeguato.
Pensandoci bene, trovo che questa temporaneità evidenziata dalla grammatica stessa, dovrebbe essere "allargata" a tutte le situazioni momentanee, che in fondo sono tutte quelle che si distaccano dalla nostra natura, mi spiego. Io non sono un professore, più che altro dovrei dire "sto professore", persino se avessi un' esperienza decennale io non lo sono, capisco di più quando si domanda "tu cosa fai?", ma non ha un gran senso dire "sono un ingegnere", perché fino a 1/10/50 anni prima non sapevi nemmeno cosa volesse dire quella parola, sapevi solo che eri vivo, un essere umano e che volevi essere felice, basta.
La stessa vitalità del nostro pianeta, che ultimamente sembra volersi ribellare agli "invasori", ci dovrebbe ricordare che quello che siamo dipende anche da lei, dato che proveniamo dalla stessa, e che ogni definizione "extra" di noi stessi è puro tempo perso.
Il Brasile sta vivendo tempi molto buoni per quanto riguarda il denaro, ma dal punto di vista umano, a mio avviso, sta precipitando nel buio della superficialità, così come tante altre nazioni "forti", dove tutti corrono come pazzi, convinti che la ricchezza economica e lo status siano gli unici obiettivi da perseguire... e così anche qui assisti a situazioni assurde e ad ascoltare discorsi inutili... di plastica alle tette, di lipo-aspirazione, di orologi griffati, di macchine che non valgono un c#zzo ma che qui costano come l' oro e di "que chic" questo e "que chic" quell' altro, che non sei uomo se non hai il coraggio di uccidere un pesce del c#zzo... e tutte queste immense str#nzate, che ti gridano nelle orecchie tutti i giorni.
Poi arriva il giorno in cui cominci finalmente a sentire qualcosa di diverso, i tappi si stanno come sciogliendo, ed inizi a capire quanto siano effimere quasi la totalità delle cose che fanno parte della nostra routine.
Noi non siamo professionisti, né credenti, tantomeno ricchi... ma se ci piace crederlo siamo liberi di farlo, finché il sonno non ci viene disturbato dalla verità.

16 febbraio 2012

13 febbraio 2012

Brazilian zen

"Chi mi conosce lo sa", diceva Gioele Dix imitando Alberto Tomba... chi mi sta vicino sa che le mie ambizioni della vita sono ben lontante dall' essere il successo e il denaro.
Così, in una di quelle sere in cui le condizioni meteo ti "invitano" al divano, sono rimasto colpito da un reportage di una famosa trasmissione brasiliana, Globo Reporter, che parlava di una piccola località nello stato di Goiania, Alto Paraiso, dove moltissime persone provenienti da tutto il mondo si ritrovano per rinfrancare corpo e anima.
Attraversata dal 14° parallelo, come l' incredibile Machu Picchu, e ricchissima di giacimenti di quarzo, sembra che in questa località degli altopiani del Brasile centrale si respiri un' atmosfera magica, di un' elevazione umana e cosmica differente.
State tranquilli, non mi sono dato alle droghe pesanti e nemmeno ad una nuova religione di tendenza, ho sempre creduto che il cosmo abbia un' influenza su di noi (esseri viventi in generale).
Ricchissima di incantevoli scorci naturalistici, Alto Paraiso sembra essere una Glanstonbury sudamericana, meta di coloro che ricercano nella natura equilibrio e pace interiore.
Nel reportage, si parlava anche della profezia dei maya relativa all' imminente fine del mondo, e di come, più probabilmente, sarà il passaggio ad una nuova era evolutiva... e di questi tempi noi italiani ci stiamo allenando.

08 febbraio 2012

Batti in aria le mani e poi falle vibrar...

Ogni popolo con una certa personalità ha un biglietto da visita universalmente riconosciuto, un bagaglio culturale che lo distingue ovunque vada e che attesta, al 100%, la sua appartenenza ad una determinata tribù.
Noi italiani, che abbiamo una storia immemorabile alle spalle, abbiamo molti punti fermi che ci distinguono al mondo là fuori, tra i quali: il cibo (dalla pizza alla pasta), la mafia, le auto sportive, il modo di vestire, il naso grande (eh già... io mica lo sapevo prima) ed altri ancora... ma la cosa secondo me più importante e distinguibile che ci caratterizza è il gesticolare, questa coreografia costante ed instancabile a supporto delle parole e dei sentimenti che vogliamo esprimere.
Non mi ritengo un "gesticolatore", però sembra che le persone notino questa mia innata maestranza nell' espressione... diciamo... "manuale".
Un detto molto famoso da queste parti dice che gli italiani sarebbero giunti in Brasile nemmeno con le navi, ma semplicemente parlando... mia suocera me l' avrà detto almeno una decina di volte.
Nella scuola di lingue dove lavoro siamo una quindicina di professori, la maggioranza dei quali insegna inglese, poi veniamo noi di italiano, spagnolo, francese e tedesco, ed è un ambiente che posso definire multiculturale, molti di noi sono stranieri o hanno vissuto in giro per il mondo... insomma, un ambiente molto stimolante.
Tra i miei alunni ho una ragazza che, oltre a studiare italiano, studia inglese con un collega irlandese, Adam, un ragazzo che vive qui da circa 6 mesi e con la classica "aplomb" inglese, anche lui con caratteristiche distinguibili a km di distanza.
Dicevo... questa alunna che studia con noi ci prende in giro entrambi per i modi esattamente opposti di comunicare... io quando parlo cambio varie volte il tono di voce e insieme gesticolo, e dall' altro lato Adam, il quale mantiene lo stesso tono per tutta la lezione, appoggia le mani sulla cattedra e le rimuove solo a fine lezione... insomma, sembriamo una barzelletta.
Mi ha incuriosito molto questo argomento, ed ho prestato attenzione a questa nostra italica caratteristica, ho trovato libri (tipo "come parlare italiano senza conoscerne una parola"), barzellette e addirittura applicazione per Iphone che evidenziano questa nostra curiosa qualità.
Penso che questa "mania" di muovere le mani faccia davvero parte della nostra cultura, ma in modo meno diffuso di un tempo, non siamo più così esasperati nei gesti... insomma... non siamo così differenti ai brasiliani, per esempio... come dire... beh insomma... dovrei gesticolare per farvelo capire!